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I castelli di Jesi

Belvedere Ostrense

Di origini medievali, raggiunse solo nel trecento, con i conti di Buscareto, il suo massimo splendore.
A Belvedere Ostrense tutti i portalettere dovrebbero almeno una volta passare e visitare la chiesa quattrocentesca di San Pietro, ove riposano le beate reliquie di San Rufo, il loro protettore.
Da non perdere: unico nel suo genere il Museo Internazionale dell'Immagine Postale, museo della posta attraverso immagini, libri, documenti e oggetti vari.

Castelplanio

Solo in silenzio e con passi lievi si può entrar a Castelplanio; sarebbe un peccato infrangere l’atmosfera dell’antico monastero di San Benedetto dei Frondigliosi, a cui è intimamente legato il borgo fortificato dell’antica Castel del Piano.
Insieme al Verdicchio, si trovano gustosi legumi e cresce fragranti.
Da non perdere: l' Abbazia di San Benedetto dei Frondigliosi eretta intorno al 1200 e ampiamente rimaneggiata nel 1700, circondata da un parco, è in parte utilizzata per la ricezione turistica.

Castelbellino

Il più piccolo tra tutti, il fiero borgo di Castelbellino domina dall’alto la vallata morbida e dorata. Piccole vie, ripide scalinate, intime piazzette delineano il volto dell’antico centro, in cui ancora si sente bruciare l'ardore dei ghibellini che in fuga da Jesi decisero di ripararsi qui, nel sicuro castello che già sorgeva sul colle.
Da non perdere: l'Abbazia di Sant'Apollinare in località Pianello Vallesina, costruita sui resti della città romana di Planina e risalente a prima dell'anno Mille.

Cupramontana

Alla Dea Cupra e al tempio a Lei dedicato deve il suo nome antico, mutato poi in Massaccio al tempo dei longobardi del Ducato di Spoleto.
Le vigne rese fertili dalla Dea Madre ne fanno la capitale del Verdicchio, celebrato dalla festa più antica dedicata al vino nelle Marche, la Sagra dell'Uva.
Da non perdere: l'Eremo di San Giuseppe delle Grotte o dei Frati Bianchi al centro di un'ampia radura fuori dal centro abitato, complesso monastico camaldolese del XV secolo.

Maiolati Spontini

Il troppo rigore della povertà dei fraticelli, che occuparono il castello agli arbori del trecento, rese furioso papa Martino V, che rase al suolo il piccolo borgo fortificato di Maiolati.
Risorse poi dalle sue ceneri, dando i natali al genio di Gaspare Spontini, a cui unì la cura per le buone cose, come la famosa lonzetta di fico.
Da non perdere: il Museo Spontini, allestito nella casa di Gaspare Spontini, raccoglie cimeli, manoscritti, strumenti musicali appartenuti al grande compositore.

Mergo

Resistenti e antiche mura cingono ancora intatte l’antico castello medievale della valorosa Mergo.
Tanto vino scorre da sempre in questo borgo e da tempi lontani si festeggia con musica, balli e gustosa allegria il giorno di San Martino, quando il mosto, grazie a tecnica e passione, si fa vino.
Da non perdere: il Palazzo dei Conti Vallemani, in contrada Montirone, suggestivo luogo posto in un bosco panoramico, tra i ruderi della villa e antiche leggende.

Monsano

Se il vento fa musicar le fronde dei lauri, alberi ad Apollo tanto cari, risponde Musianum con soave e delicato canto.
Sono le Muse, che osano cantare dal borgo fortificato, a loro benevolmente da sempre dedicato.
La brezza marina, accarezzando l'aria e la terra, regala a Monsano ulivi rigogliosi che danno olio pregiato dal delicato profumo.
Da non perdere: la Chiesa di Santa Maria degli Aròli appena fuori dal paese in stile romanico-gotico e risalente al XII secolo.

Montecarotto

In una cinta murata intatta da cinque secoli, sorge, a cavallo delle colline che dividono la vallata dell'Esino da quella del Misa, l'antico castello di Montecarotto. Vigne di Verdicchio a perdita d'occhio fanno corona intorno alla sue contrade, mentre i rintocchi della torre dell'orologio scandiscono il tempo dell'antica sapienza dei mastri vinai.
Da non perdere: la Cinta Muraria, monumentale e ben conservata, con i due poderosi torrioni e i camminamenti di ronda.

Monte Roberto

A destra dell'Esino, su un colle poco più alto della vicina Castelbellino, Monte Roberto guarda verso la pianura dalle sue mura quattrocentesche.
A valle Villa Salvati e la millenaria abbazia di sant'Apollinare ricordano la laboriosa dedizione alla terra delle sue genti.
Da non perdere: la graziosa Loggetta Rinascimentale del palazzo comunale, un tempo adibita a mercato locale e oggi cornice di numerose manifestazioni.

Morro d'Alba

Unico esempio di un paese interamente circondato da portici incardinati sulle antiche mura, Morro d'Alba è percorsa da camminamenti di ronda scanditi da torrioni medievali, simbolo di una antica fortezza, dal colore rosso sangue e rubino, come il suo vino più pregiato, la lacrima di Morro d'Alba.
Da non perdere: la cinta muraria perfettamente conservata del XIII – XV secolo e il lungo camminamento di ronda coperto e muntio di arcate detto la "Scarpa".

Poggio San Marcello

Protetto da solide mura, fu villa monastica e poi castello edificato lontano dal primitivo abitato. Dalle mura medioevali e dalla porta di San Nicolò, sovrastata dal leone rampante, si aprono spiragli verso le colline ricamate da filari di vigne.
Da non perdere: il Santuario della Madonna del Soccorso del 1646 appena dentro l'ingresso del paese, racchiuso all'interno di una cinta muraria cinquecentesca.

Rosora

Di stirpe longobarda, antica e solida come le duecentesche mura del suo castello,  Rosora si erge sulla sponda sinistra dell'Esino, fino alla vecchia croce di legno dove il "Moro" della nobile stirpe della Genga trovò la morte, tra vigneti, campi di grano e querce secolari.
Da non perdere: la Festa della Sapa, sostanza caramellosa ottenuta dalla bollitura del mosto, che si tiene nella seconda metà di Ottobre nel centro storico del paese.

Santa Maria Nuova

Per oltre sei secoli, dal 1200, l'antico Castello delle Ripe e poi il nuovo nucleo di Santa Maria Nuova fecero parte integrante della civitas aesina fino a che Pio IX non la dichiarò libero comune.

San Marcello

Rocca fortificata che sorgeva sulle colline sovrastanti a difesa della città di Jesi, San Marcello deve il suo nome a papa Marcello, che inviò San Settimio ad evangelizzare gli jesini all'inizio del IV sec. d.c.
Da non perdere: la "bomboniera dorata", ovvero il delizioso teatro comunale chiamato così per la sua particolare grazia e collocato all'interno del cinquecentesco Palazzo Marcelli, sede del comune.

San Paolo di Jesi

Piccolo castello nato tra le vigne, San Paolo di Jesi deve al Verdicchio e alla fertile terra la sua floridezza. Un antico testamento ancora concede alle zitelle una dote per maritarsi.
Da non perdere: il Laboratorio per la lavorazione delle Piante Officinali, in contrada Colle, con un distillatore unico nel suo genere nel centro Italia, produce oli essenziali
da piante di rosmarino, lavanda, timo, rosmarino.

Staffolo

Staphilo, figlio di Arianna e di Teseo, scopritore dell'uva e del vino, scelse di fermarsi sul dorso di una collina che spazia dall'Esino al Musone, con i monti del San Vicino che le fanno corona.
Là sorse Staffolo, celtica, romana, longobarda e poi libero comune, orgoglioso e fiero come il suo vino, il Verdicchio dei castelli di Jesi.
Da non perdere: la Chiesa di Sant'Egidio conserva il famoso Polittico del Maestro di Staffolo, seguace di Gentile da Fabriano, del XV secolo.

Serra San Quirico

Posto a guardia del passaggio della Gola della Rossa, inespugnabile fortezza fin dai tempi dei romani, fu castello riottoso al dominio jesino. Oggi, in primavera, il paese diventa un grande palcoscenico per i giovani teatranti provenienti da tutte le regioni d'Italia.
Da non perdere: le "copertelle", suggestivi passaggi coperti nella cinta muraria completamente intatta che circonda tutto il paese fin dal 1300.

Serra de' Conti

Deve il suo nome al Conte Rinaldo, signore del paese che racchiuse dentro mura possenti l'antico abitato. Domina dalla cresta della collina la strada che congiunge la valle del Misa a quella dell'Esino e ogni anno celebra, con la Festa della Cicerchia, un legume povero e generoso, per secoli nutrimento prezioso e viatico per l'inverno.
Da non perdere: il Museo della Arti Monastiche, ricavato in alcuni ambienti del Palazzo Comunale un tempo inglobato nel seicentesco complesso del Monastero di Santa Maria Maddalena, ricostruisce attraverso un percorso interattvo l'atmosfera e la cultura materiale della vita claustrale delle monache.